La terra tremano – Recensioni

LA TERRA TREMANO. FELICETTI E LE VOCI DEL SOTTOSUOLO

Un battito anomalo. Uno sciame emotivo accompagna “La terra tremano”, monologo di e con Giorgio Felicetti, approdato a fine ottobre al Teatro della Cooperativa di Milano.

Un lavoro che è un instant play sui terremoti che da sempre sconquassano l’Italia.
Polvere, detriti e sangue. “La terra tremano” è una vibrazione narrativa lungo l’Appennino attraverso cinquant’anni di sismi, dal 1968 a oggi. Un lavoro tra geologia e statistica, epica e narrativa. Un’inchiesta che ha il sapore del reportage giornalistico e della denuncia politica. Memorie del sottosuolo, attraverso il Belice (1968), Ancona (1972), Friuli (1976), Irpinia (1980), Umbria e Marche (1997) San Giuliano di Puglia (2002), L’Aquila (2009) ed Emilia (2012), fino ad Amatrice, Norcia, Arquata del Tronto e Accumoli (2016).

Una scena di bancali e frammenti di pietra, di casettine giocattolo in legno. È una sorta di riferimento a un’epoca antica indeterminata, a giochi di bimbi spezzati anteriori ai Lego. Eppure la pietra con cui si costruiva allora era forse più solida dei mattoni forati di adesso: come la scuola di San Giuliano di Puglia, che era stata appena ristrutturata e fu soffiata via come un castello di carte francesi. Si giocò con la vita di 27 bimbi e della loro maestra. La scuola fu l’unico edificio di San Giuliano a crollare. Una scossa di quelle che in Giappone fanno il solletico, e invece da noi fu una tragedia: l’intera leva 1996 cancellata. Una brutta storia di lavori abborracciati, di autorizzazioni senza collaudo, di vite in erba inaridite da dilettantismo e speculazione.

Di questo parla Felicetti: di crolli, di morti, di evacuati. Di campanili sbriciolati. Di monumenti polverizzati, come gli affreschi di Giotto e Cimabue nella basilica di San Francesco ad Assisi.         Nei racconti di un bambino che si fa uomo, si susseguono ricordi personali. Come l’incontro divertente con un ragazzotto d’Ancona, o con il fascino esotico di bellezze del nord-est.

Felicetti raccoglie con l’acribia del cronista storie di sfollati ospitati negli hotel o nei container. Parla di tendopoli raffazzonate. Di baracche ghiacciate d’inverno e roventi d’estate, bagnate dalla condensa. Dove la nebbia di dentro, di fuori, confonde in una sola nuvola crimini e atti eroici, traumi fisici e morali, sciacallaggio e morte.
Esistenze svuotate, storie da ricostruire. Uomini spauriti, visi spaesati.

Come quello del presidente Pertini, che nel 1980 si chiedeva chi avesse preso i soldi del Belice, e ne nacque uno sketch di Troisi, ma anche la Protezione civile.

Dolore, rabbia, (in)comprensione umana. I soccorsi in ritardo. Le grida di lamento dei sepolti. L’incuria, la corruzione, la miopia dei politici. L’incapacità di prevenire e d’intervenire. Le leggi inefficaci senza un piano d’approvazione. Le favole da bambini senza lieto fine. La speculazione infame sulle disgrazie altrui. Affronti alle vittime e alla coscienza di una nazione. I soldi delle accise sui carburanti, che sarebbero bastati a mettere in sicurezza ogni edificio pubblico e privato, e invece ogni giorno nelle scuole italiane, ancora adesso, ci sono crolli.

Denuncia, lirismo. A parte l’inchiesta, ciò che colpisce in questo monologo schietto è la costruzione drammaturgica intrisa di venature poetiche, a tratti ironiche, che non scadono mai nella comicità impudente o nell’elegia avvilente. Come in quella notte stellata ad Amatrice, con le bestie impazzite e i pastori in montagna che videro scivolare a valle le case, gli affetti, il cuore.
Pochi oggetti scenici e luci notturne danno il senso della voragine, della vertigine. Come la torcia da minatore nelle mani dell’attore: e ci pare di respirare quel mix di polvere e gas che stringe la gola.

“La terra tremano”, titolo e poetica ispirati a Luchino Visconti, è un affresco corale sfaccettato. È un anacoluto teatrale intimo che parla di sfruttati, sfruttatori e insipienti.   Il taglio documentaristico trova in questo racconto livido, un mezzo espressivo acuminato. Ben scritto il testo, bravo Felicetti a giostrare tra i diversi accenti d’Italia senza scadere nella macchietta. A coniare un codice multiplo e unitario di denuncia, per esprimere dolore, ribellione e speranza.

LA TERRA TREMANO
di e con Giorgio Felicetti
produzione EstEuropaOvest

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 2’ 50”

 

Vincenzo Sardelli

“LA TERRA TREMANO”: I TERREMOTI A TEATRO

Una storia potente come la natura e importante come la vita. Una storia di luoghi bellissimi, come le montagne degli Appennini. Una storia di molte persone, di abbracci, di sogni, di sorrisi, di pianti. Questa storia racconta un dopo possibile. La terra tremano è in scena al Teatro della Cooperativa di Milano dal 25 al 28 ottobre. Ne è autore, regista e protagonista Giorgio Felicetti.

La parola a Giorgio Felicetti

“Sono i terremoti i veri protagonisti dello spettacolo?”

“Io direi le persone che hanno vissuto l’esperienza dei terremoti, perché è un’esperienza fondativa nella psiche di un uomo. C’è una differenza tra chi ha vissuto questo tipo di esperienza e chi non la conosce. Io ho fatto un lavoro di ascolto, da due anni a questa parte, incontrando tante persone che hanno vissuto quest’esperienza, e in ognuna di queste persone ho incontrato dei tratti comuni, che ho usato per creare una storia molto grande. Come il titolo fa intuire, parto da un panorama largo, per poi finire in soggettiva nelle storie particolari di personaggi, usando proprio questi tratti comuni.”

“Le è mai capitato di trovarsi in un luogo dove si è verificato un terremoto?”

“Certo. Io sono nato nelle Marche per cui conosco bene questo tipo di esperienza. Già nel 1997, quando c’è stato più o meno nelle stesse zone dell’Appennino il sisma che tutti ricordano per il crollo della Basilica superiore degli affreschi di Giotto, io partii nelle ore immediatamente successive per andare a cercare di animare le persone che erano sotto le tende e nelle tendopoli allestite. Ricordo che fu un’esperienza molto forte. Tra l’altro subii delle scosse notevoli, ma anche questa volta, pur non vivendo nelle zone dell’epicentro, io e tutta la mia famiglia abbiamo sentito molto bene quella del 30 ottobre 2016.”

“Che sensazioni ha avuto parlando con le persone che sono state colpite da un terremoto?”

“La sensazione è quella di persone traumatizzate. Ci sono uno sguardo e un sentimento comuni che partono sicuramente dall’angoscia primaria, perché è un sentimento ancestrale che ci riporta dalla fragilità dell’uomo primitivo, fino ad oggi. Non c’è molta differenza tra chi vive un’esperienza oggi e chi l’ha vissuta duemila anni fa. La prima risposta è la paura e la fuga, come quella di un uomo animale. E’ una cosa che scuote nel profondo. Tra queste persone c’è però comunemente una voglia di andare avanti, di superare questo trauma. Cercare questo sguardo oltre è un po’ anche uno dei temi dello spettacolo.”

“Parlerà solo del terremoto del 2016 che ha colpito l’Italia centrale o anche di altri gravi sismi?”

“No, io farò un largo excursus su tutti i terremoti degli ultimi cinquant’anni. Parlerò del Belice, del Friuli, dell’Umbria, delle Marche, del Molise, dell’Abruzzo fino ad arrivare a quello in Emilia Romagna del 2012, proprio per far capire che se c’è una storia comune in questo Paese, è fatta di tremori e di persone che tremano. Bisogna trarre esperienza da quello che è successo prima, per cercare di trovare anche una soluzione, perché sappiamo che l’Italia è un Paese “ballerino” e se vogliamo convivere pacificamente con la natura, dobbiamo trovare presto delle soluzioni adeguate, perché è impossibile che mediamente ogni 5-7 anni si sia qui a piangere morti o a dover ricostruire interi pezzi di Paese.”

di Andrea Simone22 ottobre 2018, in HANNO DETTO DEL TEATRO…

ALTRE RECENSIONI

Denuncia, lirismo, costruzione drammaturgica intrisa di venature poetiche, a tratti ironiche, che non scadono mai nella comicità impudente o nell’elegia avvilente. LA TERRA TREMANO è un affresco corale sfaccettato. È un anacoluto teatrale intimo che parla di sfruttati, sfruttatori e insipienti. Il taglio documentaristico trova in questo racconto livido, un mezzo espressivo acuminato. Ben scritto il testo, bravo Felicetti, a coniare un codice multiplo e unitario di denuncia, per esprimere dolore, ribellione e speranza.

Vincenzo Sardelli, KRAPP’S LAST POST, Milano

 

Una cronaca cruda, che nello spettacolo diventa l’urlo di un intero Paese, ma anche il racconto di un popolo che nonostante tutto, non smette di sperare e di amare il luogo in cui è nato.

Livia Grossi, CORRIERE DELLA SERA, Milano

 

Emozionante, ben scritto, bravo Giorgio Felicetti, ne LA TERRA TREMANO non c’è retorica e si sta tesi ad ascoltare fino alla fine. Bisogna diffonderlo!

Sandro Baldoni, regista del film LA BOTTA GROSSA.

 

L’accuratezza del cronista, il gusto del letterato, e la fisicità del grande attore. Grazie di cuore Felicetti. LA TERRA TREMANO è potentissimo!

Claudio Colotti, fotoreporter

 

Un spettacolo di un’emozione unica. Ho provato tutti i sentimenti di rabbia e commozione che ho provato durante i due anni nelle zone del cratere, dove il sisma ha cancellato e distrutto interi borghi dei Sibillini. Deve girare in tutti i teatri e nelle scuole!

Gianfranco Mancini, fotografo di scena

 

LA TERRA TREMANO… mai titolo è stato più aderente a quello che ho provato a teatro. Ho tremato, ho pianto, ho sentito tutta la forza, ma anche la solitudine della terra e della gente colpita. Voce di verità, così intensa, così appassionata, quella di Felicetti.

Stefania Zito, docente di teatro, Milano