Vita d’Adriano – Recensioni

Adriano entra a lavorare in fabbrica nel 1940. Ha solo 13 anni. La sua storia di operaio finisce come quella di tanti altri: dal medico. Perché l’amianto l’ha distrutto. Scritto e interpretato da Giorgio Felicetti, lo spettacolo procede con ritmo serrato sulle tracce di una classe operaia spazzata via dalla storia ma di cui restano testimonianze che hanno molto da dire. Un mondo scomparso, quello della fabbrica, a cui Felicetti rende omaggio raccontandoci fatiche, miserie, sfruttamento. Ma senza dimenticare l’orgoglio ruvido e spartano dei suoi protagonisti.

Sara Chiappori, la Repubblica

Il consiglio teatrale della settimana di “Piazza Verdi”:
Vita d’Adriano – memorie di un cecchettaro nella neve

con Giorgio Felicetti, Teatro della Cooperativa, Milano dal 24 ottobre;

 Radio 3 Rai

“Nelle Marche è lo spettacolo più visto dell’anno: al suo primo anno di vita ha già avuto più di 4.000 spettatori ! “

Il Messaggero

PREMIO LIBERO BIZZARRI

Splendido il monologo Vita d’Adriano di Giorgio Felicetti, un “operaio invisibile” delle officine meccaniche Cecchetti di Civitanova Marche che, come tanti altri nell’azienda, ha maneggiato per anni amianto da mattino a sera, incosciente di ciò che gli avrebbe causato.

VITA D’ADRIANO, MORTE DI UN OPERAIO

Ti spegne lentamente, anno dopo anno, giorno dopo giorno. All’inizio è quasi impercettibile; solo un po’ di tosse, un naturale affaticamento dovuto al duro lavoro. Solo verso la fine, dove averti logorato silenziosamente l’esistenza, ti annienta e ti devasta. Comincia dalla fine il monologo di Giorgio Felicetti in programma in questi giorni e fino al 2 novembre al Teatro della Cooperativa, una piccola realtà d’eccellenza della periferia milanese.  “Vita d’Adriano, memorie di un cecchettaro nella neve” è una storia che sa di realtà, di coraggio, di terrore. E’ una storia che sa di ingiustizia, soprattutto. E’ la storia di Adriano. Aveva dodici anni e mezzo quando cominciò a lavorare alla Fabbrica Cecchetti; sessantadue quando ne uscì. Licenziato, abbandonato, defraudato della sua dignità, della sua salute. Adriano ha riparato carrozze ferroviarie, ha vissuto la maggior parte degli ultimi quarantanove anni della sua vita tra rotaie e fonderie. Quarantanove anni scanditi dalle sirene di entrata ed uscita. Alle 6. Alle 16.45. Adriano ha respirato amianto. Tanto.  Anno dopo anno, giorno dopo giorno. Sta morendo. Ne moriranno 25 mila nel giro di vent’anni, gli hanno detto. Operai come lui, “mica gente comune”, gli anno detto. La Cecchetti di Civitanova Marche negli anni ’40 era una delle più importanti fabbriche italiane per la costruzione e la riparazione di carri e carrozze ferroviarie. Dava lavoro a tanti, per poche lire. La Fabbrica nel dopoguerra rimase orfana di quel suo proprietario, quell’altro Adriano, Adriano Cecchetti quello che in fondo non era poi così male, quello che l’Adriano bambino-operaio vedeva come il “padrone buono”. La Cecchetti fu venduta a proprietari privi di scrupolo che la trasformarono in poco tempo in una gallina dalle uova d’oro, in una vacca da mungere all’inverosimile. Poco importava dei mungitori, della neve di amianto che respiravano. Anno dopo anno, giorno dopo giorno. Fino al 1994, quando per mancanza di commesse, proprio a causa di quella neve, la Fabbrica fu chiusa. Vita di Adriano, un viaggio tra i ricordi; quella “classe operaia”, quella solidarietà tra colleghi, la fatica, la rassegnazione, l’orgoglio. Vita raccontata senza retorica, con grandissima umanità e secchezza, con la ruvida veracità di un uomo semplice, che voleva una vita semplice. Che sta semplicemente morendo. Vita di tanti, troppi Adriano, operai come lui. Mica gente comune.

Giulia Cusumano, www.art21.it

UNA VITA (O UNA MORTE) DI LAVORO
Felicetti: “Racconto la storia di Adriano, con l’amianto per 50 anni”

“In un mondo basato sulla precarietà e sul ricatto, la questione operaia diventa marginale. E’ “normale” dunque dimenticarsi che più di sette milioni di persone ogni mattina si svegliano presto per andare a lavorare, e tre o quattro di loro, ogni giorno, non tornano a casa”. Parole lucide e sentite di un attore impegnato sul fronte del teatro civile, Giorgio Felicetti, autore ed interprete di un appassionato spettacolo, VITA D’ADRIANO, in scena al Teatro della Cooperativa fino al 2 novembre. Un lavoro autentico che pone al centro del palcoscenico il mondo operaio e la sua cultura, attraverso le voci di chi ha passato una vita in fabbrica o in fonderia. “In Vita d’Adriano – spiega l’autore – racconto la storia di un ragazzino di tredici anni che in piena guerra mondiale (1940) va  a lavorare alle Officine Meccaniche Cecchetti di Civitanova Marche. Ma tra quella prima mattina di giugno quando incomincerà il suo lavoro, a oggi, quando si alzerà, come sempre presto, questa volta per andare dal medico, in mezzo ci sono cinquant’anni di vita passata in fabbrica; un pezzo di storia del Paese che oggi sembra contare poco più di niente”. Un monologo che, in dialetto marchigiano, affronta temi seri come l’amianto e le sue morti annunciate (in Italia 25.000 nei prossimi vent’anni), con sensibilità e una possibile leggerezza. “Le condizioni degli operai di oggi sono peggiorate – afferma Felicetti – l’isolamento è totale: chi entra in fabbrica oggi non ha alcuna aspettativa di migliorare le proprie condizioni di lavoro; l’unica cosa che conta è mantenere il posto che ha. In questo sprofondamento di coscienze è successa una cosa molto grave, la perdita della dignità operaia. Fino a venti anni fa lavorare in fabbrica era un orgoglio, oggi quasi una colpa di cui vergognarsi.”

Livia Grossi, Corriere della Sera

RECENSIONE

Parlare di questa fabbrica marchigiana significa raccontare il lavoro industriale di tutto il ‘900 italiano. E’ una storia che illustra le condizioni inumane, la presa di coscienza di appartenere ad una “classe”, quella dei “cecchettari”, i pericoli e gli incidenti sul lavoro, gli scioperi, i licenziamenti, la chiusura, avvenuta nel 1994, per mancanza di commesse a causa di una presenza terribile all’interno della Fabbrica, l’amianto… L’amianto era abbondantemente usato per coibentare le carrozze ferroviarie.

Ed è proprio sull’amianto, dopo aver fatto un lungo periodo di ricerca ed intervistato molti ex operai, che è stato scritto questo monologo. Gli operai della Cecchetti hanno perso il posto di lavoro, hanno visto radere al suolo la fabbrica e la loro storia per far posto al nuovo che avanza: arriva un centro commerciale e si ritrovano oggi con un bel regalo nei polmoni: amianto.

I ricordi dell’operaio Adriano scandiscono i ritmi ed i tempi del racconto.

Sono ricordi, privi di toni nostalgici, che a momenti si tingono di comicità, in altri si asciugano fino a sfiorare una drammaticità assoluta. La fabbrica era fatta di treni, rotaie, fonderia, chiacchiere negli spogliatoi, sciocchezze dette per sfottersi e scacciare la fatica che ammazza. Ma c’era anche un sogno più grande di tutti, quello del compagno boxeur: partecipare alle Olimpiadi di Roma nel ’60.

E in questo doppio binario l’operaio Adriano racconta la sua storia, partendo da una mattina di guerra del 1940, quando lui tredicenne entra a lavorare in fabbrica, ad una mattina di oggi, quando si alza presto per andare dal medico: l’amianto ha colpito ancora.

Dice Felicetti: “ciò che mi interessava veramente era far capire alle giovani generazioni cosa è stato il mondo operaio, oggi che la parola operaio fa quasi vergogna. Sono partito dalla Cecchetti per parlare del lavoro di fabbrica di tutto il ‘900 italiano: le condizioni di lavoro, la presa di coscienza di appartenere ad una “classe”, quella dei “cecchettari”, i pericoli e gli incidenti sul lavoro, gli scioperi, i licenziamenti, la chiusura, avvenuta nel 1994, per mancanza di commesse a causa di una presenza terribile all’interno della fabbrica, l’amianto. Questa storia a mio avviso è anche una bellissima storia di amicizia, e di solidarietà, qualità scomparse nel mondo del lavoro”.

Felicetti ha voluto ricordare un mondo industriale, scomparso; le scarse tracce di memoria rimaste, sono le protagoniste di questa storia. Negli occhi di quegli uomini della Cecchetti, di quei lavoratori, si intuisce stupore incredulità e orgoglio. Tutte queste persone hanno insegnato il linguaggio della dignità.

Vita d’Adriano è un lavoro vibrante, autentico che fa comprendere e meditare, che ha il pregio di raccontare ai più giovani la dura realtà delle fabbriche di meccanica pesante, oggi in via di estinzione.

Mauro Lupoli, TeatroTeatro.IT

STORIE D’OPERAI MARCHIGIANI

Silenziosamente, a causa dello scarso rilievo di cui gode nei media, ma più profondamente e capillarmente del cinema e della Tv, il teatro di narrazione italiano sta lavorando a fondo per colmare una delle tante lacune che svuotano di senso la nostra memoria collettiva: quella della vita (e della morte) in fabbrica. Non solo i drammi recenti come quello della Thyssen di Torino e il quotidiano bollettino delle morti bianche servono a non dimenticare. Un capitolo a sé è rappresentato dal rapporto operai-amianto, un rapporto spesso mortale, non cercato ma subito da migliaia di uomini che, da Taranto a Milano, dal Piemonte al Veneto alle Marche, pagano ancora oggi con la vita colpe non commesse.

Ed è singolare che proprio al Teatro della Cooperativa di Milano, che sorge a Niguarda, un tempo borgo operaio d’eccellenza che ha fornito braccia e polmoni a migliaia alle fornaci Falck, Breda, Pirelli, Ansaldo e via elencando, sia in scena – fino al 2 novembre – Vita d’Adriano, di e con Giorgio Felicetti.

È una singolare ma naturalmente voluta e cercata coincidenza, perché l’Adriano del titolo non ha nulla a che fare con quello tormentato ma imperiale della Yourcenar, trattando la storia di una tuta blu della Cecchetti di Civitanova Marche, fino al 1994 – anno della chiusura – un colosso nella coibentazione delle carrozze ferroviarie, dove in 90 anni di attività hanno sudato 50mila persone. Moltissime hanno respirato le sottili pagliuzze di amianto che si accumulano inesorabilmente nei recessi più fini degli alveoli polmonari, sviluppando malattie terribili e spesso senza scampo.

Una storia, quella del “cecchettaro” Adriano, che Felicetti rievoca attraverso episodi, aneddoti, sogni, speranze e delusioni, drammaticamente simile alle tante che potrebbero raccontare gli operai di Niguarda. Quelli ancora vivi per farlo, s’intende.

delteatro.it

RECENSIONE

Il cuore della vecchia Civitanova operaia è tornato a pulsare per una notte. Le ex Fonderie Marinelli si sono trasformate in un suggestivo anfiteatro all’aperto, ed hanno ospitato un evento d’eccezione: la prima nazionale dello spettacolo “Vita d’Adriano – Memorie di un cecchettaro nella neve”, diretto e interpretato da Giorgio Felicetti, scritto dallo stesso Felicetti, da Francesco Niccolini e da Andrea Chesi. La vasta area delle Fonderie non è riuscita a contenere la grande affluenza di pubblico, più di mille persone si sono presentate ai cancelli, e solo la metà è riuscita ad entrare e a seguire l’evento in religioso silenzio. Il monologo di Giorgio Felicetti è la storia di un uomo, un operaio, e di una fabbrica, la Officine Meccaniche Cecchetti di Civitanova Marche, storie che insieme, attraversano la storia di mezzo ‘900. Protagonista del racconto è un operaio di nome Adriano, che si chiama come il suo padrone. E sono proprio i ricordi dell’operaio Adriano a scandire i ritmi e i tempi del racconto. E Felicetti, nel fluire dei ricordi dell’Adriano, commuove, fa ridere il pubblico, lo porta ad identificarsi con quest’operaio in pensione. E come un pugile Felicetti colpisce, e con maestria da grande narratore sa dove farlo. Colpisce al cuore, allo stomaco, alla testa. Perché la vita di Adriano è la vita di tutti quelli che hanno fatto e vissuto “la fabbrica”.

Un’ora di ricordi, privi di toni nostalgici, che a momenti si asciugano fino a toccare una drammaticità assoluta. I treni, le rotaie, la fonderia, le chiacchiere negli spogliatoi, le cazzate dette per sfottersi e scacciare la fatica che ammazza, ed un sogno, il sogno più grande di tutti, quello del suo compagno boxeur: partecipare alle olimpiadi di Roma nel ’60.

L’Adriano operaio ci racconta la sua storia, da una mattina di guerra del 1940, quando lui tredicenne entra a lavorare in fabbrica, ad una mattina di oggi, quando si alza presto per andare dal medico…

Giorgio Felicetti dà vita ad un magnifico affresco della classe operaia e di tutto il ‘900 italiano: “questa storia è anche quello che vedevo e immaginavo da bambino, quando andando a scuola, mi fermavo lì, davanti a quel grande cancello di ferro che chiudeva un mondo di ciclopi, di uomini forti e fieri.

Bastava vederli lì fuori dal cancello, con quanta fierezza indossavano le loro tute blu. Ho voluto raccontare quel  mondo, scomparso come Atlantide, e le poche tracce di memoria umana rimaste, sono le protagoniste di questa storia.”

Una serata di grande pathos e di grande teatro, che rimarrà a lungo nella memoria degli spettatori presenti.

Corriere Adriatico

VITA D’ADRIANO, MEMORIE DI UN CECCHETTARO NELLA NEVE
UN PROGETTO TEATRALE DI GIORGIO FELICETTI

“…un vero monologo tragico dei nostri tempi.”

Lo spettacolo è stato seguito dal pubblico con altissima concentrazione e molta emozione, come una spettatrice ha spiegato ai microfoni della TELEVISIONE SVIZZERA ITALIANA, che ha realizzato un servizio sull’evento. Il lungo e caloroso applauso che è stato tributato a Felicetti testimonia di un successo sulle cui cause può essere utile meditare.

Il mondo della generazione operaia del secondo novecento è raccontato con rara efficacia, con tenerezza e calore unici. La coloritura dialettale del testo, che non ne ostacola minimamente la comprensibilità, produce un inatteso effetto di eleganza: è l’abito della mente del protagonista, ed è commisurato alla semplice e profonda nobiltà dei suoi pensieri e dei suoi ricordi.

Ma da cosa nasce questa nobiltà? Il racconto del protagonista narratore, l’operaio Adriano, è condotto sul filo di un potente concetto, mai dichiarato esplicitamente: il concetto della dignità umana.

Questo è il cuore del mondo emotivo di “Vita d’Adriano”, un vero monologo tragico dei nostri tempi. La recitazione di Felicetti ha fatto sentire i battiti di questo cuore, l’ha vivificato, ne ha messo in rilievo tutta la bellezza e la grandezza.

Le ragioni di un successo così grande stanno nel contenuto e nello stile del testo, e soprattutto nella recitazione di Felicetti, misurata, attenta alle sottolineature, capace di sollecitare aspetti più intimi della vita di Adriano.

 Vittore Nason, Dirigente di Teatro, Locarno

 

RECENSIONE

Vita d’Adriano, memorie di un cecchettaro nella neve, di Giorgio Felicetti

( Arzo, sabato 1 settembre 2007) racconta la storia di un operaio che entra in fabbrica praticamente bambino durante la seconda guerra mondiale e ne esce alla fine del secolo scorso, quando la fabbrica chiude. La fabbrica è la Cecchetti, dove in novant’anni hanno lavorato 50mila persone impegnate nella costruzione e nella riparazione di carri e carrozze ferroviarie. Raccontare della Cecchetti vuol dire parlare del lavoro di fabbrica di tutto il ‘900 italiano: le condizioni di lavoro, la presa di coscienza di appartenere a una “classe”, quella dei “cecchettari”, i pericoli e gli incidenti sul lavoro, gli scioperi, i licenziamenti, la chiusura, avvenuta nel 1994, per mancanza di commesse a causa di una presenza terribile all’interno della fabbrica: l’amianto. Lo spettacolo nasce da un lungo lavoro di interviste agli operai e gli autori hanno seguito, nella scrittura, un codice di comportamento che era quello di dire soltanto cose vere. Adriano rappresenta una sorta di archetipo dell’operaio di quelle generazioni e, come tutti coloro che sono stati intervistati, esprime una profonda amarezza dettata dalla sensazione di aver visto radere al suolo, insieme alla fabbrica, anche la propria memoria. “ E’ come se in qualche maniera non fossero esistiti perché il loro è un senso di appartenenza a un mondo che non c’è più. Girandosi intorno troviamo una società che quasi nasconde gli operai. La vera differenza è che allora essere operaio era un atto di nobiltà, c’era un ruolo all’interno della società. Oggi ci si manifesta operaio quasi con vergogna.” afferma Giorgio Felicetti parlando del suo protagonista. Raccontare Adriano e la Cecchetti significa quindi riscattare una memoria che si vorrebbe occultare, ma anche denunciare una realtà che per i protagonisti è impossibile rimuovere: come molti suoi ex colleghi, Adriano è costretto a convivere con il mesotelioma, il cancro provocato dall’amianto nei polmoni.

Natalia Genni, CANTON TICINO – Svizzera –  www.solidarieta.ch

GIORGIO FELICETTI E IL SUO “VITA D’ADRIANO” AL RIENTRO DALLA TOURNÈE EUROPEA

Giorgio Felicetti, il regista attore marchigiano, di ritorno in Italia dopo una due giorni a lui dedicata dal Festival Internazionale della Narrazione del Canton Ticino, porterà in scena il suo “VITA D’ADRIANO – Memorie di un cecchettaro nella neve”, al Festival dei Teatri Invisibili, venerdì 14 settembre, Teatro dell’Arancio di Grottammare, ore 21,30.

La presentazione in Svizzera di “Vita d’Adriano” è stata una grande vetrina per la Provincia di Macerata e per il Festival Terra di Teatri, produttori dell’opera teatrale. Attraverso la Cecchetti e i cecchettari, Giorgio Felicetti dà vita con grande rigore e pathos ad un magnifico affresco della classe operaia di tutto il ‘900 italiano, e al tempo stesso crea uno splendido omaggio alla regione in cui è nato, le Marche, di cui racconta le gesta operaie e usa quell’impasto linguistico gergale vicino al dialetto, che per la prima volta viene usato come lingua teatrale, che tanto ha affascinato gli spettatori d’oltralpe.

Al prestigioso Festival ticinese della narrazione, oltre a “Vita d’Adriano” Giorgio Felicetti ha presentato anche il suo “Scarpagnante”. Entrambi i monologhi saranno trasmessi nei prossimi giorni dalla Rete Due della Radio Svizzera Italiana, unitamente ad un’intervista che Giorgio Felicetti ha rilasciato alla Radio Svizzera.

Il clamore suscitato dalla doppia esibizione di Giorgio Felicetti in questa tournèe europea hanno confermato la qualità del lavoro e il talento dell’artista marchigiano, premiando una volta di più il percorso intrapreso da Felicetti sul recupero della memoria e sul teatro di impegno civile.

Protagonista del racconto è un operaio di nome Adriano, che, ironia della sorte, si chiama come il suo padrone, Adriano Cecchetti, figura mitizzata di buona razza padrona. E sono proprio i ricordi dell’operaio Adriano a scandire i ritmi e i tempi del racconto. E Felicetti, nel fluire dei ricordi dell’Adriano, commuove, fa ridere il pubblico, lo porta ad identificarsi con questo uomo, ormai ex operaio. E con maestria da grande narratore sa come farlo. Colpisce al cuore, allo stomaco, alla testa, questo racconto. Perché la vita di Adriano è la vita di tutti quelli che hanno fatto e vissuto “la fabbrica”.

 IL QUOTIDIANO

RECENSIONE

Questa è la storia di un uomo, di un operaio e di una fabbrica ma è soprattutto la storia della classe operaia del ‘900 italiano. Vita d’Adriano – memorie di un cecchettaro nella neve di Giorgio Felicetti, in prima milanese al Teatro della Cooperativa di Milano dal 24 ottobre al 2 novembre 2008, è un ritratto che commuove, fa ridere, è un pugno allo stomaco. Una mattina, nel 1940, in periodo di guerra, Adriano Cecchetti, 13 anni, va a lavorare per la prima volta in fabbrica, le Officine Meccaniche Cecchetti di Civitanova Marche e, casualità della sorte, ha lo stesso nome del padrone della fabbrica. In un’ora di monologo denso, in una lingua che fonde il vernacolo marchigiano e l’invenzione, lo spettatore incontra il ragazzino che entra in  fabbrica e insieme a lui trova un intero spaccato di vita: gli incidenti sul lavoro, gli scioperi, la dignità calpestata ma sempre intatta di tanti operai, la presa di coscienza della classe operaia. Trova anche Augusto, un boxeur che vuole solo coronare un sogno: partecipare alle Olimpiadi di Roma nel ’60. Trova un’umanità complessa e variegata, un mondo che sembra non esistere più, un mondo fatto di fatica, di treni, di rotaie, di fonderia, di chiacchiere negli spogliatoi: la memoria passa attraverso le parole dell’attore ma senza toni nostalgici. Poi un giorno, nel 1994, le officine Meccaniche Cecchetti, dove in 90 anni hanno lavorato 50.000 persone, chiudono: la fabbrica è piena di amianto. Tutti a casa. Al posto della fabbrica un centro commerciale, il nuovo che avanza.

Adriano racconta e dalla mattina del 1940 in cui comincia la storia del ragazzino operaio, lo si lascia ad una mattina di oggi, quando si alza di nuovo presto ma per andare dal medico. L’amianto non ha smesso di lavorare. Vita di Adriano è un lavoro nato dall’indagine che Giorgio Felicetti ha condotto sulla fabbrica del suo paese di origine, intervistando gli operai, appuntando i loro racconti fino a partorire una storia che a partire da una, ne contenesse molte, come dice lo stesso autore: “ho voluto raccontare quel  mondo, scomparso come Atlantide, e le poche tracce di memoria umana rimaste, sono le protagoniste di questa storia.” E ha deciso di debuttare proprio lì, in quella città davanti agli stessi operai che quelle vicende le hanno vissute: “Negli occhi di quegli uomini, così scomodamente seduti da chiedere quasi scusa della loro presenza, tra arazzi e poltrone di lusso di un teatro storico, capivo stupore incredulità e orgoglio: essi vedevano la loro vita diventare un monumento grande un’ora. Tutte queste persone mi hanno insegnato il linguaggio della dignità” (Giorgio Felicetti).

TEATRO.ORG

VITA D’ADRIANO’: SERATA D’APPLAUSI AL ‘TEATRO CECCHETTI’
DI CIVITANOVA MARCHE. L’ATTORE E REGISTA GIORGIO FELICETTI CONQUISTA IL PUBBLICO

RECENSIONE

Civitanova Marche – Serata d’applausi al cine teatro “Cecchetti” di Civitanova Marche dove è stato riproposto lo spettacolo teatrale, “Vita d’Adriano, memorie di un cecchettaro nella neve”, scritto e interpretato dal regista ed attore Giorgio Felicetti, e prodotto dalla Provincia di Macerata nell’ambito del Festival Terra di Teatri. La rappresentazione ha seguito di pochi giorni la presentazione del libro contenente le storie dei “cecchettari” e scritto dallo stesso Felicetti che, la scorsa estate, si era presentato al pubblico vestendo i panni di Adriano prima nelle ex fonderie Marinelli di Civitanova e poi al teatro comunale di Morrovalle e al teatro Rossini sempre di Civitanova Marche poi al Festival dei Teatri Invisibili di Grottammare. Ma il consenso di pubblico e critica per “Vita d’Adriano” era giunto soprattutto dal Festival internazionale di teatro del Canton Ticino, in Svizzera. “L’idea di portare in scena “Vita d’Adriano” – ha più volte spiegato l’autore, Giorgio Felicetti – nasce dalla volontà di raccontare un mondo scomparso come Atlantide. Le poche tracce di memoria umana rimaste, sono le protagoniste di questa storia. Quando, col drammaturgo Francesco Niccolini abbiamo deciso di fare un lavoro teatrale sul mondo operaio, mi è venuto naturale pensare alla Officine Cecchetti di Civitanova Marche, una delle più importanti fabbriche italiane per la costruzione e la riparazione di carri e carrozze ferroviarie. Ma ciò che mi interessava veramente era far capire alle giovani generazioni cosa è stato il mondo operaio, oggi che la parola operaio fa quasi vergogna. Sono partito dalla Cecchetti per parlare del lavoro di fabbrica di tutto il ‘900 italiano: le condizioni di lavoro, la presa di coscienza di appartenere ad una “classe”, quella dei “cecchettari”, i pericoli e gli incidenti sul lavoro, gli scioperi, i licenziamenti, la chiusura, avvenuta nel 1994, per mancanza di commesse a causa di una presenza terribile all’interno della fabbrica, l’amianto. Questa storia a mio avviso è anche una bellissima storia di amicizia, e di solidarietà, qualità scomparse nel mondo del lavoro”.

E-news

Protagonista del racconto è un operaio di nome Adriano, che, ironia della sorte, si chiama come il suo padrone, Adriano Cecchetti, figura mitizzata di buona razza padrona. E sono proprio i ricordi dell’operaio Adriano a scandire i ritmi e i tempi del racconto. E Felicetti, nel fluire dei ricordi dell’Adriano, commuove, fa ridere il pubblico, lo porta ad identificarsi con questo uomo, ormai ex operaio. E con maestria da grande narratore sa come farlo. Colpisce al cuore, allo stomaco, alla testa, questo racconto. Perché la vita di Adriano è la vita di tutti quelli che hanno fatto e vissuto “la fabbrica”.

IL QUOTIDIANO